Roma Papale, descritta in una serie di lettere con note, da Luigi De Sanctis (1882)

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Lettera nona

Le Congregazioni ecclesiastiche

Enrico ad Eugenio

Roma, Marzo 1847.

Caro Eugenio,

Due giorni dopo aver risposto al signor Manson, come ti diceva nella mia ultima, ricevo per la posta dallo stesso, la lettera seguente, di cui ti mando copia fedele.

‘Signor Abate,

‘Aveva molto desiderato avere un abboccamento con voi, perchè sperava che voi avreste avute delle buone ragioni a darmi per distruggere l’effetto cattivo che hanno prodotto in me le rivelazioni di quel parroco; ma il rifiuto dell’abboccamento domandatovi, mi fa temere che voi non abbiate in realtà nulla di concludente da opporre ad esse. Ciononostante voglio ancora informarvi di ciò che ci è accaduto in un secondo colloquio che avemmo con quel parroco.

‘Due giorni dopo la nostra prima visita, tornammo dal parroco per andare insieme con lui a visitare le secreterie. Lo trovammo nella sacrestia. Una donna piangente, vestita a bruno, era seduta avanti a lui, che stava scrivendo non so che. Il sacrestano ed il beccamorti erano in piedi ai due lati del tavolino sopra il quale il parroco scriveva, e si lanciavano occhiate d’intelligenza miste ad un sogghigno che aveva del cinico. Noi veggendo che il parroco era occupato, ci tenemmo alquanto in disparte, fino a che il parroco, posando la penna, disse alla donna, porgendole un foglio:

‘ "Ecco il vostro conto, ed assicuratevi che, conoscendo le vostre circostanze, ho fatto tutta la economia possibile."

‘ "Cinquanta scudi! esclamò quella donna: e dove potrò trovarli io povera vedova?" (Nota 1 - Un mortorio in Roma)

‘Ma, per non intrattenervi sulle circostanze di quel fatto che mi straziavano il cuore, vi dirò in generale che quella donna era una vedova che aveva il giorno avanti perduto il marito, e che contrattava col parroco il prezzo della sepoltura. Il parroco nostro amico passa per uno dei più correnti e dei più disinteressati; ma ciononostante la somma d cinquanta scudi romani da sborsarsi all’istante (Nota 2 - Necessità di farlo) era una somma enorme per una povera vedova, la quale avea vissuto onoratamente sì, ma senza poter accumulare, col frutto dell’impiego di suo marito, il quale morendo non le avea lasciato altra eredità che sei piccoli figli da nudrire.

‘La vedova aveva nelle sue mani la nota mortuaria del parroco; ma i suoi occhi erano pieni di lacrime. Il sacrestano ed il beccamorti allungavano il collo, per leggere su quella nota la quota che il parroco aveva loro assegnata, e facevano osservare alla vedova, che nulla ascoltava, che il parroco aveva usata verso di lei una grande moderazione.

‘ "Osservate, le diceva il beccamorti, io su questo morto non arrivo a prendere quattro scudi netti, mentre me ne verrebbero almeno sette." "E la chiesa, diceva il sacrestano, cosa ci prende? Sarà gran cosa se, tutto compreso, incasserà dieci scudi; il resto sono tutte spese vive: potete ringraziare Dio di aver trovato un parroco così disinteressato."

‘Noi, cioè il signor Sweeteman ed io, con tutta la nostra freddezza inglese, non potevamo più reggere, ed eravamo sul punto d’intrometterci a favore della vedova; ma il sig. Pasquali ci trasse d’imbarazzo. Egli si fece innanzi, e tratto da parte il parroco, lo pregò a licenziare con bel pretesto quella donna, e dirle che fra un’ora sarebbe andato egli stesso in sua casa a combinare il tutto; e così fu fatto. Intanto il parroco venne a noi, e ci pregò di salire nel suo appartamento: il Pasquali ci disse di attenderlo, perchè doveva andare un momento per un affare urgente, ed uscì.

‘Appena fummo soli col parroco, lo pregammo a spiegarci il sistema funerario di Roma, ed egli ci disse, che quasi mai si aspettavano le ventiquattr’ore dopo la morte per far trasportare il cadavere dalla casa alla chiesa parrocchiale (Nota 3 - Beccamorti, preti di vettura, provveditori), e prima di questo trasporto debbono essere pagati alcuni diritti al parroco. Dopo fatto il servizio funebre nella chiesa, il cadavere è trasportato nella camera mortuaria, e poi la sera è portato privatamente al cemeterio. Noi volemmo sapere la cosa più in dettaglio; ed egli soggiunse: "Veramente questa non è la cosa la più edificante di Roma; ma non importa, ve la dirò come ella è." Allora ci disse che in Roma vi è un codice funerario chiamato lo Statuto del clero, per regolare le spese e la pompa de’ funerali a vantaggio de’ parrochi; che i parenti e gli eredi di tutti coloro, sieno romani o forestieri, che muoiono in Roma debbono uniformarsi a quella legge, e fare la pompa funebre prescritta, e pagare i diritti secondo quel codice. Che se qualcuno ordina nel suo testamento di essere sepolto al modo de’ poveri, la sua volontà è eseguita; ma però i parenti o gli eredi devono pagare tutti i diritti e la pompa non fatta come se fosse stata fatta: che il parroco ha il diritto anzi il dovere di citare innanzi i tribunali gli eredi, e continuamente ne’ tribunali romani si agitano cotali cause: e nel caso che la eredità fosse oberata, che i creditori dovessero contentarsi per esempio di un 50%, il parroco non perde mai nulla del suo funerale, perchè esso è credito privilegiato. "Vedete, soggiunse, il caso di questa vedova mi strazia; io so che essa non ha nulla, che è obbligata ad impegnare i suoi abiti ed i suoi pochi argenti ed ori per trovare i cinquanta scudi; ma non so cosa farci: se io la dispensassi dal pagamento, tutti vorrebbero esserne dispensati egualmente; ed allora cosa diverrei? I miei colleghi sarebbero tutti contro di me, e mi creerei immensi dispiaceri."

‘ In questo il sig. Pasquali era tornato, e pregò il parroco a volerci condurre a vedere qualcuna delle segreterie della Curia romana. Il parroco, dati alcuni ordini al sagrestano, uscì con noi.

‘ La prima segreteria che ci fece vedere fu quella delle Indulgenze. Nella prima camera vi era un uomo occupato presso un torchio ad imprimere con esso il suggello della santa Congregazione sotto ciascuno de’ rescritti di essa. La seconda era coperta di scaffali, pieni di buste di cartone, nelle quali si conservano gli originali delle indulgenze che si accordano (Nota 4 - Duplicati). Quattro tavolini erano occupati da quattro preti impiegati, tre dei quali stendevano i rescritti, il quarto li distribuiva a coloro che li avevano domandati, ritirandone il prezzo. Entrammo nella terza camera, ove innanzi ad una bella scrivania era seduto un prelato, assai piccolo di statura: era il segretario sostituto. Egli, essendo amico del parroco, ci accolse con molta gentilezza, e, vedendoci con lui, non sospettò che fossimo Protestanti, ma pensò che eravamo forestieri Cattolici; quindi con la massima sincerità c’istruì dell’andamento della segreteria.

‘ Ci disse che la sacra congregazione delle Indulgenze è composta di più cardinali, uno dei quali ne è il prefetto, che vi è un prelato segretario, e molti teologi consultori, per lo più frati; ma tutto questo non è che pura formalità: il segretario non viene mai alla segreteria; i cardinali ed i consultori non sanno mai nulla: tutto si fa dal sostituto e dai preti impiegati.

‘ Domandai allora quali erano le indulgenze che si accordavano, per quali ragioni, e con qual formula si accordavano.

‘ " Le indulgenze che si accordano, rispose, sono di ogni specie, indulgenze plenarie, indulgenze parziali, in forma di giubileo, ai particolari, alle chiese, agli ordini religiosi, alle città, alle diocesi. Si accordano altari privilegiati, diritto di benedire corone, medaglie, crocifissi, applicando ad essi indulgenze; facoltà di dare benedizioni papali, in articulo mortis, e cento altre cose (Nota 5 - Classificazione delle indulgenze). Le ragioni poi per cui si accordano sono, o la divozione particolare dell’individuo che le domanda, o il vantaggio del popolo, e soprattutto il bene che ne viene alle anime del purgatorio (Nota 6 - Conto corrente delle indulgenze). In quanto alla formula essa è semplice: eccola." Allora prese sulla sua tavola uno dei molti rescritti che aveva, e ce lo mostrò. Esso diceva: Ex audientia Sanctissimi habita die etc. Sanctissimus Dominus noster, audita relatione, etc.

‘ " Dunque, io dissi, è il Papa personalmente che, considerato ogni caso, accorda ciascuna indulgenza?" Monsignor sostituto si pose a ridere, e disse: "Povero papa se avesse a fare tutto questo! Il papa non ne sa nulla." "Ma dunque, soggiunsi, quei rescritti sono pieni di menzogne: e se non è il Papa che le dà, quelle indulgenze non sussistono."

‘ "Ella parla così, mi rispose, perchè non conosce la pratica della Curia romana. In tutte le segreterie si fa così: quando si fa un Papa nuovo, alla prima udienza va il segretario, e porta la lista di tutte le cose che si domandano al Papa per mezzo delle respettive segreterie, il papa accorda quelle facoltà una volta per sempre. Per gli affari straordinari che non sono nella lista, io vado dal papa una volta la settimana, e così si fa nelle altre segreterie; poi facciamo i rescritti colla data della udienza di quel giorno. Veda dunque che non vi è menzogna."

‘ "E gli altari privilegiati, domandò il signor Sweeteman, favorirebbe dirci cosa sono?"

‘ "Gli altari privilegiati, rispose, sono quelli che hanno in loro la indulgenza plenaria, in guisa che una messa detta sopra un altare privilegiato, libera immediatamente dalle pene del purgatorio l’anima per la quale si è detta. Cotesti altari sono di due specie: reali e personali. L’altare privilegiato reale è quello che ha in sè la indulgenza, dimodochè qualunque prete dica la messa su quello libera un’anima dal purgatorio. L’altare privilegiato personale è quello il privilegio del quale non è annesso all’altare, ma al prete che vi celebra sopra; dimodochè un prete che abbia l’altare privilegiato personale, ad ogni messa che dice, sopra qualunque altare anche non privilegiato, libera un’anima dal purgatorio in forza del suo privilegio personale."

‘ "Ma è egli vero, domandai, che le indulgenze si vendono?"

‘ "Calunnia, signori miei, calunnia dei Protestanti. Dio ci guardi dal commettere una così orribile simonia!"

‘ "Però abbiamo veduto nell’altra camera che coloro che prendevano i rescritti pagavano."

‘ "Ecco, rispose, la spiegazione. Noi che siamo qui dobbiamo essere pagati, il fitto della segreteria deve pagarsi, le spese di ufficio vi sono: perciò si fa pagare una piccola bagatella (Nota 7 - Tassa sulle indulgenze), e questo mi pare giusto. Per esempio, un prete che ottiene l’altare privilegiato personale vi guadagna sopra, perchè i devoti pagano di più la sua messa: è giusto dunque che anch’egli paghi qualche cosa. Quando poi coll’introito della segreteria sono pagate tutte le spese, il sopravanzo è impiegato dal Papa in usi pii, o per la sua santissima persona."

‘Caro signor Abate, avreste voi delle buone ragioni per iscusare o giustificare un così orribile abuso? A me sembra che oltre l’abuso pratico; vi sia anche un errore di dottrina così grande da non potersi immaginare il peggiore. Come, per pochi soldi io potrei comprare il diritto di liberare dal purgatorio un’anima? Io non avrei mai credute cotali cose se non fossi venuto in Roma, e non le avessi vedute co’ miei occhi.

‘Il signor Pasquali domandò se tutti i rescritti pagavano lo stesso prezzo.

‘ "No, signore, rispose Monsignore: il prezzo varia secondo la grazia accordata. L’infimo prezzo che si paga sono tre paoli: vi sono rescritti da sei, e da nove paoli, e la segreteria non può prendere di più. Ma se si tratta di più altari privilegiati, o d’indulgenze da accordarsi ad una chiesa, allora bisogna spedire il breve, e la segreteria de’ Brevi fa allora pagare molto di più."

‘Il parroco si levò da sedere; tutti ci levammo, e ringraziando Monsignore della sua gentilezza, uscimmo.

‘La segreteria delle Indulgenze, come sapete, è nel convento di S. Stefano sopra Cacco: nello stesso convento vi è la segreteria della Disciplina regolare. Entrammo.

‘Quella segreteria non ci presentò nulla di rimarchevole: vari frati di diversi colori erano intorno ad un tavolo avanti il quale siedeva un prete mostruosamente gobbo, il quale accoglieva le domande di que’ frati con molta malagrazia. In una seconda camera vi era un altro prete occupato a scrivere. Il sostituto amico del parroco non vi era, per cui uscimmo, per andare a visitare il deposito, ossia la custodia delle reliquie.

‘Per istrada domandammo al parroco che ci dicesse qualche cosa della segreteria della Disciplina regolare; ed egli ci disse così:

‘ "La santa Congregazione della Disciplina regolare, è composta di cardinali di cui uno è il prefetto, di un prelato segretario e di consultori. La congregazione agisce come tribunale, e giudica delle questioni interne che si levano tra’ frati (Nota 8 - Questioni curiose), della interpretazione delle loro regole, costituzioni, privilegi ec. La segreteria poi è composta del segretario, di due minutanti che avete veduti, e di un segretario sostituto: essa si occupa in via economica, cioè senza processo, di punire le immoralità de’ conventi, quando sono denunciate, e di concedere secolarizzazioni, ed altri privilegi ai frati che li domandano. Naturalmente i privilegi e le grazie si pagano, ma a prezzi assai discreti."

‘Giungemmo all’antico collegio germanico, oggi pontificio seminario romano, ove in alcuni cameroni è la custodia delle reliquie. Io mi figurava di trovare in quelle camere tutte piene di reliquie, una specie di santuario: ma fui molto disappuntato quando vidi che tutto era indecenza, confusione e disordine. La prima camera era piena di frammenti di lapidi sepolcrali, messe in terra alla rinfusa, e coperte di polvere. All’intorno vi erano degli scaffali polverosi che contenevano frammenti di vetri, vasi lacrimatorii, e lucernine di terra cotta trovate nelle catacombe. La seconda camera ha le pareti coperte di armadi di legno colorito in verde con due palme incrociate negli sportelli. In questa camera vi sono alcuni preti occupati a rompere in piccole schegge le ossa dei santi, e metterle nelle così dette teche, e suggellarle con ceralacca. Su quella tavola ove que’ preti lavorano, si vedono ossa, denti, frammenti di vecchi abiti, capelli e cose simili appartenenti a’ santi, che aspettano che venga la loro volta per essere rinchiusi in una teca e messi sugli altari. Io non poteva credere che quelle fossero reliquie; ma il Parroco mi assicurò che lo erano: quindi nella mia mente conclusi che que’ preti non ci credevano, altrimenti le avrebbero maneggiate con più decenza. Nella terza camera si conservano dentro armadi le reliquie dette insigni, come il legno della croce, le altre reliquie della passione, quelle della Vergine e degli Apostoli. Il canonico custode delle reliquie si tiene in questa camera, ed assiso davanti un tavolino, scrive i certificati delle reliquie che rilascia, che poi porta alla firma del cardinal Vicario.

‘ Quando il canonico ci vide, accolse gentilmente il Parroco, e domandò in che cosa avrebbe potuto servirci. Il parroco rispose che noi eravamo forestieri, e che desideravamo vedere una qualche reliquia insigne. "Mi duole, rispose il canonico, ma ciò è impossibile: senza un ordine per iscritto del cardinal Vicario, non posso mostrar nulla. Ma già suppongo, disse volgendosi al Parroco, che questi signori saranno Cattolici." Quando intese che eravamo Protestanti, ci sembrò come colpito dal fulmine. "Per carità, disse tutto spaventato, mi facciano la grazia di uscire subito di qui;" e, perchè la sua esortazione fosse più efficace, prese per la mano il Parroco e lo condusse fuori della custodia. Noi lo seguimmo; e quando fummo fuori disse al Parroco: "Veramente da voi non avrei mai aspettata una cosa simile:" e rivolto a noi ci disse: "Lor signori mi perdonino; ma sappiano che io sono obbligato ad agire così: se il cardinal Vicario sapesse che io permetto ai Protestanti l’ingresso nella custodia, sarei subito scacciato dal mio posto." Noi domandammo il perchè di tanto rigore: "Perchè, ci rispose, i Protestanti osservano tutto, poi vanno ai loro paesi, scrivono, e noi siamo screditati." "Via, signor canonico, disse il parroco, i miei amici non sono tali, nè io sono uomo da compromettervi." Il canonico restò fermo nel non farci rientrare; ma sulle raccomandazioni del parroco ci disse che ci avrebbe date delle informazioni sulle reliquie. Ci mettemmo dunque a passeggiare nel lungo e largo corridoio in fondo del quale è la custodia, ed il canonico stando nel mezzo ci diceva:

‘ "Le catacombe ci mandano ogni settimana corpi di santi (Nota 9 - richiama la seconda nota della lettera quinta - Citazioni); per cui di reliquie comuni ne abbiamo ad esuberanza. Le nostre catacombe sono una miniera inesauribile di reliquie: ma di reliquie insigni ne abbiamo poche davvero, e non so come si farà da qui a cinquant’anni."

‘ "Ma, domandai, come fa il Papa per decidere che uno scheletro trovato nelle catacombe sia quello di un santo, e di un determinato santo?"

‘ "Il Papa! rispose il canonico, il Papa non s’impaccia in tali cose. Egli ne ha incaricato il cardinal Vicario, il Vicegerente, e Monsignor sacrista, e questi hanno stabilito il P. Marchi, dotto Gesuita, sopraintendente delle catacombe, il quale quando giudica che un cadavere abbia appartenuto ad un santo, lo manda alla custodia; e noi lo battezziamo."

‘ "Voi lo battezzate! interruppi io, credendo di non avere compreso: battezzate uno scheletro, ed uno scheletro di un santo, di un martire!"

‘Il canonico sorrise, e ci spiegò che "la parola battezzare usata nella Curia romana, non significa già amministrare il sacramento del battesimo, ma imporre un nome. Non si sa qual nome aveva quel santo: la custodia ha bisogno di reliquie di S. Pancrazio, per esempio: ebbene mettiamo il nome di S. Pancrazio a quel santo. Non vi è nulla di più semplice."

‘ Il signor Pasquali osservò che in cotal modo l’autenticità di una reliquia dipendeva dal giudizio di un solo individuo, e questi Gesuita. Il canonico rispondeva che su queste cose non bisogna tanto sottilizzare, basta la fede (Nota 10 - Penna di S. Michele).

‘ "Quanto alle reliquie insigni, continuò, noi non ne abbiamo che poche. Ne abbiamo dei dodici Apostoli, di S. Giovanni Battista, di S. Giuseppe, di S. Gioacchino e di S. Anna; noi abbiamo del latte, dei capelli e degli abiti della Vergine Maria. Delle reliquie del Signore, abbiamo due spine della sua corona, un pezzo della croce, uno della spugna colla quale fu abbeverato, un pezzo della tunica inconsutile. Ma se volete vedere senza difficoltà reliquie insigni anche più preziose di queste, andate nelle chiese principali di Roma. Troverete, per esempio, a santa Croce in Gerusalemme, il dito indice di S. Tommaso Apostolo, quello stesso che pose nella piaga del costato di Nostro Signore; troverete una ampolla del sangue di Nostro Signor Gesù Cristo, un’altra ampolla di latte della Beata Vergine Maria; la pietra sulla quale si pose l’Angelo Gabriele quando annunciò a Maria la nascita di Gesù; un pezzo della pietra sulla quale era seduto il Signore quando perdonò i peccati alla Maddalena; un pezzo delle due tavole sulle quali Dio scrisse i dieci comandamenti; un poco della manna del deserto; il titolo della santa Croce scritto in ebraico, greco e latino; un grosso pezzo della vera croce; un mazzetto di capelli di nostro Signore e tante altre reliquie che non ricordo. Nella basilica di S. Giovanni in Laterano, potrete vedere il santo prepuzio di Nostro Signor Gesù Cristo; una ampolla coll’acqua e sangue che uscì dal suo costato dopo la sua morte; l’asciugatoio col quale si asciugò dopo aver lavati i piedi a’ suoi discepoli; il lenzuolo col quale asciugò i piedi agli Apostoli; la tavola dove fece l’ultima cena; la verga di Mosè, una parte di quella di Aronne; l’altare sul quale sacrificava S. Giovanni Battista. Troverete ancora il latte di Maria, in S. Cecilia, in S. Cosma e Damiano, in S. Maria in Traspontina ed in altre chiese. In S. Prassede, troverete una camicia di Maria, la immagine di Gesù Cristo, quella stessa che S. Pietro regalò a S. Pudente, e la colonna alla quale fu legato il Signore nella sua flagellazione."

‘Il signor Sweeteman era rosso per lo sdegno, e non poteva più contenersi; io parimente fremeva. Ma il signor Pasquali, freddo come il ghiaccio, domandava al canonico: "Ma voi credete a queste reliquie?" "Cosa volete, rispose, questo è affare di devozione, non di fede; cosa guadagneremmo noi a fare una discussione critica? Non ci guadagneremmo altro che far perdere la devozione al popolo. Bisogna andare alla buona su queste cose, e lasciar correre."

‘ "Ma, intanto, lasciate, disse il signor Sweeteman, che il popolo cada nella idolatria, e che adori e preghi davanti a cose false."

‘ "Il popolo, rispose, vuole essere trattato come si trattano i bimbi: levate le reliquie, e poi mi saprete dire come restano le chiese."

‘Il parroco che vide la cosa prendere cattiva piega, si licenziò, e noi lo seguimmo (Nota 11 - È falso che in Roma si vendano le reliquie).

‘Quando fummo usciti, domandammo al parroco su quali passi della Bibbia la Chiesa romana appoggiava il culto delle reliquie.

‘ "Su due fatti, rispose il parroco; il primo accade nel cielo e sta scritto nel capo VI dell’Apocalisse vers. 9: "Io vidi di sotto all’altare le anime degli uomini uccisi per la Parola di Dio. Se dunque le anime de’ martiri uccisi per la Parola di Dio." Se dunque le anime de’ martiri sono sotto l’altare celeste, è giusto che le loro reliquie sieno sotto gli altari terrestri (Nota 12 - La pietra sacra). L’altro fatto è quello di Stefano. Sta scritto (Atti VIII, 2): "Ed alcuni uomini religiosi portarono a seppellir Stefano." Raccogliere dunque le reliquie dei santi è opera religiosa." Io non restai punto convinto da questi due argomenti: ne avreste voi dei migliori? (Nota 13 - Argomenti del card. Bellarmino per le reliquie).

‘Quando lasciammo il parroco, domandammo al signor Pasquali dove era andato quando ci aveva lasciati così bruscamente nella sagrestia. Egli aveva sentito il dovere cristiano di andare a consolare quella povera vedova, e la necessità morale in cui essa era di pagare il funerale (Nota 14 - Furberia de' preti per avere ricchi mortori), le aveva fatto recapitare per la posta un biglietto di banca di cinquanta scudi: noi volemmo essere a parte di questa carità.

‘La sera volemmo vedere come si seppelliscono i morti in Roma, e, senza che io ve lo dica, voi meglio di me saprete in quale orribile modo sono trattati i cadaveri nella città santa, dopo che gli eredi spendono tanto per i funerali (Nota 15 - Come si seppelliscono i morti in Roma). Questo sistema barbaro ed empio insieme m’indignò. Il signor Sweeteman voleva partire da Roma, e diceva averne veduto abbastanza; ma il signor Pasquali lo ritiene. Io sento che vado di giorno in giorno perdendo la stima che aveva per la Chiesa romana: le illusioni che mi era fatte in Inghilterra spariscono, e non so come finirà. Per carità, vediamoci: ho gran bisogno di sentire da voi spiegazioni che mi tranquillizzino.

Credetemi vostro amico

‘W. Manson M. A.’

Mio buon Eugenio, io non so più in che mondo sono. Dopo aver trascritto questa lettera, non so più aggiungere una parola. Perdona la mia confusione: compatisci ed ama il tuo povero
ENRICO.
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Riepilogo delle note alla Lettera nona

  1. Nota I - Un mortorio in Roma;
  2. Nota II - Necessità di farlo;
  3. Nota III - Beccamorti, preti di vettura, provveditori;
  4. Nota IV - Duplicati;
  5. Nota V - Classificazione delle indulgenze;
  6. Nota VI - Conto corrente delle indulgenze;
  7. Nota VII - Tassa sulle indulgenze;
  8. Nota VIII - Questioni curiose;
  9. Nota IX - Citazioni;
  10. Nota X - Penna di S. Michele;
  11. Nota XI - È falso che in Roma si vendano le reliquie;
  12. Nota XII - La pietra sacra;
  13. Nota XIII - Argomenti del card. Bellarmino per le reliquie;
  14. Nota XIV - Furberia de' preti per avere ricchi mortori;
  15. Nota XV - Come si seppelliscono i morti in Roma.
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Pagina completa; prima pubblicazione: 17 maggio 2002;
ultimo aggiornamento: 2007;
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